visit Bobbio

La zona di Bobbio era già abitata nell’età della pietra e viene successivamente popolata da insediamenti liguri. Ai Liguri subentrarono i Galli e poco dopo Bobbio entrò definitivamente nell’orbita Romana. Il nome della città deriva dal torrente che lambisce l’abitato da sud. Nel 614, il monaco irlandese Colombano giunge con i suoi discepoli a Bobbio il cui territorio gli era stato donato dal re longobardo Agilulfo. Questa donazione aveva anche una valenza politica in quanto Bobbio controllava la grande carovaneria, la via del sale, che da Piacenza, lungo la Valtrebbia raggiungeva Genova, caposaldo dei Bizantini. A Bobbio, Colombano restaurò l’unica chiesetta semidiroccata dedicata a S. Pietro. Egli aveva più di settant’anni, stanco e forse malato morì il 23 novembre 615 e i suoi discepoli lo sepellirono nella chiesetta di S. Pietro. A reggere la comunità conventuale si alternarono in qualità di abati vari monaci seguaci del santo. Il convento si popolò rapidamente e già nel 643 contava centocinquanta monaci. Attorno al convento sorsero le prime case abitate da civili. L’Abbazia di Bobbio, con le sue scuole, la Biblioteca, lo Scriptorium, l’organizzazione economica, diventa rapidamente anche una potenza politica. Alla Corte Longobarda i monaci godono di una tale considerazione che spesso le crisi politiche sono da loro risolte o provocate. I possedimenti dell’Abbazia in età longobarda si estendono in tutta Italia. Nel giugno del 774, Carlo re dei Franchi, si impadronisce di Pavia e pone fine al Regno Longobardo. Pochi giorni dopo i monaci bobbiesi ricevono nuovi vasti beni in dono e vengono così tacitati dal nuovo signore. Bobbio apriva ai Franchi la strada verso la Liguria e verso l’Italia media.

La soggezione arricchisce il Monastero di Bobbio, che diventa monastero imperiale, ma ne compromette l’autonomia che aveva sotto i Longobardi. In questo periodo Bobbio possedeva beni in Valtrebbia, Val Staffora, Val Tidone, Val d’Aveto, in Liguria, nel Monferrato e nelle Langhe, arriva fino alle porte di Torino, attorno al Lago di Garda , da Salò a Bardolino, sui laghi di Mantova, a Piacenza, Ravenna, Genova, Lucca e Pavia.

L’abbazia rappresentava un ricco feudo, il sistema curtense raggiunge in Bobbio la perfezione. La curtis non è un organismo chiuso, come si legge nei vecchi libri di scuola. L’eccedenza dei suoi prodotti viene scambiata con altri paesi. Sui fiumi e sui laghi dell’Italia Settentrionale corre una flotta di una quarantina di navi, che fanno spola da un porto franco all’altro.

A Monticelli d’Ongina, sul fiume Po, vi sono vasti magazzini, a cui arrivano carichi di sale e di pesce e da cui partono carni salate e affumicate. Sui monti di Bobbio vengono allevati cinquemila suini, centinaia di vacche e pecore. Queste ultime servono soprattutto per la produzione della pergamena, usata nello scriptorium, dove si copiano sistematicamente opere di scrittori latini antichi. Bobbio crea una sua scrittura inconfondibile e le miniature dei suoi codici si richiamano alla cultura irlandese. Tale cultura si ritrova anche nelle magnifiche transenne in marmo che ornano l’antica basilica protoromanica edificata dall’abate Agilulfo a partire dal IX secolo.

Da ricordare i più famosi codici di Bobbio che hanno permesso la conservazione dei testi trascritti: il DeRepublica di Cicerone, attualmente nella Biblioteca Vaticana, il Virgilio della Laurenziana, il Plauto della Capitolare di Verona, le Lettere di Seneca a Lucillo della Queriniana, il Codice Purpureo dei Vangeli. I codici superstiti sono conservati all’Ambrosiana, alla Vaticana, alla Nazionale di Torino, a Parigi, a Madrid, a Berlino e in altre importanti biblioteche del mondo. Nel 1014 l’Abate ottiene la dignità e la giurisdizione episcopale: nasce così la diocesi autonoma di Bobbio che da borgo monastico sale al rango di città episcopale. Nei primi tempi vescovo e abate sono la stessa persona, poi le due cariche vengono affidate a persone diverse operando anche una divisione dei beni. Da questa decisione inizia la decadenza di Bobbio. Le lotte intestine tra abate e vescovo, aggiunte ai conflitti derivanti dai nuovi soggetti nascenti, i Comuni, porteranno rapidamente al declino la città trebbiense. Nel 1230 Piacenza occupa Bobbio; il dominio prosegue fino alla conquista Viscontea di tutta l’area lombarda. Bobbio, staccata da Piacenza e aggregata a Voghera, si orienta verso l’ambito di influenza pavese. Nel 1387 è data in feudo ai Dal Verme, i quali la terranno, salvo qualche breve interruzione, fino alla metà del ‘700 quando, in seguito alle Guerre di Successione, passa ai Savoia. Da questo momento la storia di Bobbio si identifica con quella dello Stato Sabaudo. Elevata a capoluogo di provincia, Bobbio ne segue le vicende fino alla costituzione del Regno d’Italia, quando viene incorporata nella provincia di Pavia.

Nel 1923 chiede ed ottiene il passaggio a Piacenza, riprendendo a guardare alla naturale direttrice geografica della sua vita, la valle del Trebbia.

Ponte Vecchio di Bobbio

Detto anche “gobbo” per il particolare profilo. Di età romanica con rifacimenti successivi, è lungo 280 mt. con 11 archi diseguali tra loro.

 

Castello Malaspina Dal Verme

Eretto nel sec. XIV sulla collina dominante il borgo, consiste di un poderoso mastio centrale, due torri minori di servizio e conserva ancora intatte le mura difensive. Dagli spalti si gode di una vista panoramica sul centro storico della città.

Monastero di San Francesco

E’ in puro stile francescano rustico del XIII secolo, con un suggestivo chiostrino. La parte conventuale si è conservata integralmente nello stato originale, mentre la chiesa è stata ricostruita in forme barocche nei primi anni del ‘700.

Santuario Madonna dell’Aiuto

Ingloba i resti della primitiva chiesa del XV secolo decorata con un’immagine affrescata della Madonna che nel 1611 stillò sudore dalla fronte. Il santuario nelle forme attuali del barocco classico, fu completato nel 1641.

basilica di San Colombano

Costruita nella seconda parte del ‘400, sopra la chiesa conventuale anteriore al 1000. Affreschi di Bernardino Lanzani (1527), Coro ligneo in stile gotico (1488). Nella cripta: mosaico pavimentario del sec. XII, sarcofago di San Colombano opera di Giovanni dei Patriarchi (1480), transenne marmoree longobarde usate come lastre tombali dei santi Attala e Bertulfo, cancellata in ferro battuto del secolo.

Dell’abbazia sono aperti al pubblico il corridoio a piano terra, il chiostro principale e quello di servizio e il museo, recentemente ampliato e restaurato, che raccoglie notevoli opere e oggetti d’arte di epoca romana, medievale e rinascimentale.

Dall’ala sud del chiostro, l’unica che conserva il porticato originario, si accede al Museo della Città, che offre percorsi didattici multimediali, in locali originali del IX secolo: il refettorio con il grande affresco della Crocefissione, le cucine, il cavedio interno e le grandi cantine con volte a botte.

Museo di San Colombano

Inaugurato nel ‘61, situato all’interno del Monastero, espone pezzi che vanno dai primi secoli dell’era cristiana fino alla metà del XVI sec.. Seguendo un’ordine cronologico si ammirano reprti romani come la tomba Cocceia del IV sec. ed un frammento della tomba Vipponi. Poi anfore, embrici, un altare di Diana e un gruppo di capitelli, ritrovamenti di epoca romanica. Importanti reperti sono le pietre longobarde ad intreccio vimineo, la lapide di Cumiano dell’VIII sec., ampolle votive in stagno del VI sec.; la Teca di Orfeo e il Busto d’argento arricchiscono il Tesoro di San Colombano. Particolarmente preziosa è inoltre la cosiddetta Idria delle nozze di Cana, vaso orientale in alabastro, attribuibile al III sec.. Nella pinacoteca opere di elevato interesse artistico come il polittico del Luini, raffigurante la Madonna Assunta e un gruppo di apostoli.